domenica, settembre 03, 2006

Il nuovo principe della Silicon Valley

Lo corteggiano tutti. Ma all'inizio è stata dura per lui venir fuori. Larry Page e Sergey Brin lo avevano rifiutato in più di un'occasione, rischiando di far saltare il fondo di 25 milioni di dollari che il venture capitalist John Doerr della Kleiner Perkins aveva pronto per lanciare l'impresa Google. Ma poi, quando i tira e molla sono finiti e si è presentato, per l'ultima volta in visita ufficiale a Mountain View nell'ormai lontano 2000, Erich Schmidt ha capito che la sua avventura stava cominciando. E quando ha visto la sua biografia stampata e appesa al muro della stanza dei due genietti della Silicon Valley, ha intuito che quell'avventura sarebbe stata alquanto strana.


Proseguita fino alla quotazione in borsa e continuata con un balzo che ha portato una società la cui attività è basata sul costante download del web a valere 114 miliardi di dollari in un balzello durato poco meno di due anni.

Adesso la sua avventura prosegue, in partita doppia, dalle parti di Cupertino. Eric Schmidt, il ceo di Google, quello chiamato a far quadrare i conti e le menti assai creative (e soggette a sbandate qua e là) dell'accoppiata Brin-Page. Steve Jobs lo ha nominato membro del cda di Apple, l'altra società che come Google ha cavalcato più di tutti nell'ultimo biennio l'onda della new economy.

Schmidt adesso ha due ruoli, ago della bilancia del giardino più ricco del pianeta, simbolo di una sinergia, quella tra Apple e Google, che da molto lontano prende la rincorsa per scalzare il dominio quasi ininterrotto di Microsoft (la terza società al mondo per capitalizzazione).
Se la sua presenza nel board della Apple sarà marginale lo scopriremo nelle prossime riunioni, nelle prossime scelte dell'iPod company, ma intanto, simboligicamente è tanto per gli osservatori, innamorati, della net economy.

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