lunedì, maggio 29, 2006

I primi blogger sans frontieres della storia

Apple ha perso una causa con due blogger. Secondo il Tribunale di Santa Clara (California) i blogger hanno diritto a non rivelare la fonte delle loro informazioni (segreto professionale), esattamente come per (e solo) i giornalisti iscritti all'Ordine in Italia..

Chi è interessato ad approfondire l'argomento della nascita dei primi blogger sans frontieres della storia del giornalismo può leggere questo articolo che ho pubblicato su ITnews.

Attori porno

Oggi, mentre passeggiavo in un parco dietro casa con in mano l'ultimo libro di Federico Rampini, Cindia (del mio prossimo viaggio in India credo di averne scritto in qualche vecchio post) mi è venuto in mente un dubbio:

Ma gli attori porno che si diranno mai sul set? Insomma, nei tempi morti per intenderci. Parleranno del più o del meno? Dei loro prossimi film? Di come vanno le cose a casa?

Siamo pronti per sfidare Bush? Claps sta già facendo le prove tecniche

sabato, maggio 20, 2006

Il sogno di un'Internet gratuita

Nel momento in cui Yahoo! e Microsoft ridisegnano le proprie strategie di raccolta pubblicitaria online cercando di rincorrere il modello Google, sarebbe forse opportuno riaprire anche il dibatitto ormai sopito sulla gratuità della Rete. Se è indiscutibile la pubblicità inserita nel momento della fruizione del mezzo, questa visione, estesa all'accesso, potrebbe realizzare il mito di una Internet gratuita, realmente aperta come è accaduto sin dagli albori per altri mezzi di comunicazione di massa di forte impatto come radio e tv.

I webnauti crescono a vista d'occhio. Secondo le più recenti rilevazioni elaborate da ComStore Network il net-popolo ha raggiunto quota 700 milioni in tutto il mondo e dovrebbe superare la soglia fisiologica del miliardo entro i prossimi tre anni. Numeri che indicano che siamo ancora in piena euforia da WWW e che la colonizzazione del tempo lavorativo e libero di Internet è in atto. Il tutto però, considerando che navigare costa. In media un webnauta che passa più di 30 ore al mese in Europa spende 25 euro, 300 l'anno.

Un paletto economico che, a fronte della ricompensa agli isp del proprio lavoro sull'infrastruttura, costituisce un deterrente per la diffusione del mezzo in Paesi meno avanzati e comunque ne rallenta le penetrazione.

Ma è possibile ipotizzare una Internet gratuita? Navigare ovunque a costo zero accendendo il proprio pc come se fosse un televisore? Nella continua corsa al ribasso delle tariffe e al potenziamento della banda larga, gli Isp non hanno probabilmente pensato ancora a quella che potrebbe essere una rivoluzione: la pubblicità all'accesso così come durante la fruizione. L'idea sarebbe quindi quella di inserire un breve spot (3-4 secondi) nel momento successivo alla conferma di avvenuta connessione, spot che potrebbe ricomparire ogni tanto dopo un tot di ore. Sarebbe così catastrofico? Quanti preferirebbero continuare a pagare un costo di connessione alle condizioni attuali? La maggior parte probabilmente sarebbe disposta ad accettare questo scambio. I fatturati degli isp non perderebbero colpi, rimpolpati dagli inserzionisti pubblicitari. Questi trarrebbero certamente vantaggio da un livello di attenzione e di esposizione al messaggio dell'audience certamente più alto e qualificato rispetto al classico banner. Il tempo trascorso online così come il numero degli internettari crescerebbe con una naturale spontaneità, in tempi necessariamente più stretti. Last but not least, la pubblicità all'accesso sarebbe anche un'arma per combattere il digital divide.

Pensar (e magari anche tentar) non nuoce.

sabato, maggio 06, 2006

Il digital "marketing" divide

Un pc da 100 dollari a manovella. Oppure un computer dalle buone prestazioni a 400. Oppure un ibrido tra pc e telefonino ad un prezzo non ancora precisato. Gli oltre due miliardi di individui che vivono in condizioni di povertà si staranno forse chiedendo quale prodotto scegliere per colmare il divario tecnologico con gli opulenti colleghi dell’altro emisfero? Probabilmente è un problema che dalle parti di chi è nato nella metà sfortunata del pianeta non sussiste nemmeno a causa della mancanza di percezione degli eventuali benefici sociali che ne deriverebbeo. A porselo sono giustamente quelli dell’altra parte, quella ricca, che però sembrano lontani dal trovare una soluzione. Il catalogo conta almeno quattro proposte.

Al minilaptop che gira con Linux, cavallo di battaglia del Mit di Nicolas Negroponte, si affiancano il Pic della Amd e il nuovissimo – presentato due giorni fa nel corso del Wcti (World congress on information technology) – Eduwise di Intel. Quest’ultimo in particolare, a fronte di una tecnologia avanzata da poco sorpassata nei paesi occidentali, costa 400 dollari. Mentre la fondazione filantropica di Bill Gates e di sua moglie Melinda sta investendo nella produzione di un telefonino low cost con integrate alcune funzionalità di un comune personal computer (documenti, internet e fogli elettronici).

Almeno un paio i dubbi: come colmare il gap con un pc a basse prestazioni? Oppure come può un individuo che vive con meno di un dollaro al giorno spenderne 3 o 400 per un pc?

La sensazione è che, tra un apparente litigare generale, i grandi nomi stiano cercando di occupare ciascuno la propria fetta di mercato con l’obiettivo di fare profitti anche laddove occorrerebbe rimboccarsi le maniche e concorrere per scopi umanitari. Il Mit e Microsoft puntano sulla fascia più povera con un approccio al problema del tutto differente. Per Negroponte è indispensabile portare nel Terzo Mondo un pc, anche se questo funzioni girando una leva. Per Bill Gates invece sarebbe un errore offrire una macchina incompleta e, per tagliare la testa al toro, la cosa giusta sarebbe invece quella di abituare alla mobilità i cittadini più poveri offrendo uno speciale dispositivo che permetta anche di effettuare telefonate. Amd e Intel si rivolgono invece ad un target più alto, gli insegnanti che lavorano nei Paesi in via di sviluppo.

Eticamente, il digital divide andrebbe risolto con strategie umanitarie. Della questione si sarebbero dovute occupare le organizzazioni internazionali. Invece, le strategie attuate tirano in ballo i principi basilari del marketing. Il problema è passato nelle mani di interessi privati e aziende che, in fede al proprio statuto, cercano di alzare la leva dei profitti anche in un terreno asciutto. Il vero problema è quindi il modo sbagliato con cui si sta cercando di risolvere il problema. Con il dubbio e il timore che la favola di Robin Hood non venga letta nelle scuole della Silicon Valley.