Un pc da 100 dollari a manovella. Oppure un computer dalle buone prestazioni a 400. Oppure un ibrido tra pc e telefonino ad un prezzo non ancora precisato. Gli oltre due miliardi di individui che vivono in condizioni di povertà si staranno forse chiedendo quale prodotto scegliere per colmare il divario tecnologico con gli opulenti colleghi dell’altro emisfero? Probabilmente è un problema che dalle parti di chi è nato nella metà sfortunata del pianeta non sussiste nemmeno a causa della mancanza di percezione degli eventuali benefici sociali che ne deriverebbeo. A porselo sono giustamente quelli dell’altra parte, quella ricca, che però sembrano lontani dal trovare una soluzione. Il catalogo conta almeno quattro proposte.
Al minilaptop che gira con Linux, cavallo di battaglia del Mit di Nicolas Negroponte, si affiancano il Pic della Amd e il nuovissimo – presentato due giorni fa nel corso del Wcti (World congress on information technology) – Eduwise di Intel. Quest’ultimo in particolare, a fronte di una tecnologia avanzata da poco sorpassata nei paesi occidentali, costa 400 dollari. Mentre la fondazione filantropica di Bill Gates e di sua moglie Melinda sta investendo nella produzione di un telefonino low cost con integrate alcune funzionalità di un comune personal computer (documenti, internet e fogli elettronici).
Almeno un paio i dubbi: come colmare il gap con un pc a basse prestazioni? Oppure come può un individuo che vive con meno di un dollaro al giorno spenderne 3 o 400 per un pc?
La sensazione è che, tra un apparente litigare generale, i grandi nomi stiano cercando di occupare ciascuno la propria fetta di mercato con l’obiettivo di fare profitti anche laddove occorrerebbe rimboccarsi le maniche e concorrere per scopi umanitari. Il Mit e Microsoft puntano sulla fascia più povera con un approccio al problema del tutto differente. Per Negroponte è indispensabile portare nel Terzo Mondo un pc, anche se questo funzioni girando una leva. Per Bill Gates invece sarebbe un errore offrire una macchina incompleta e, per tagliare la testa al toro, la cosa giusta sarebbe invece quella di abituare alla mobilità i cittadini più poveri offrendo uno speciale dispositivo che permetta anche di effettuare telefonate. Amd e Intel si rivolgono invece ad un target più alto, gli insegnanti che lavorano nei Paesi in via di sviluppo.
Eticamente, il digital divide andrebbe risolto con strategie umanitarie. Della questione si sarebbero dovute occupare le organizzazioni internazionali. Invece, le strategie attuate tirano in ballo i principi basilari del marketing. Il problema è passato nelle mani di interessi privati e aziende che, in fede al proprio statuto, cercano di alzare la leva dei profitti anche in un terreno asciutto. Il vero problema è quindi il modo sbagliato con cui si sta cercando di risolvere il problema. Con il dubbio e il timore che la favola di Robin Hood non venga letta nelle scuole della Silicon Valley.
sabato, maggio 06, 2006
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