giovedì, dicembre 08, 2005

Apple, quando il marketing è un virus


Apple, la storia che non si ripete. Data per spacciata, condannata a raccogliere le briciole del mercato dell'hardware, la Mela ha reinventato la propria storia inaugurando una nuova epoca. Prendendosi i suoi rischi la società ha investito nella ricerca con la stessa filosofia del passato ma con una carica del tutto nuova. Così, nelle praterie di Cupertino è sbocciato un fiore che nell'anno in corso ha generato un fatturato di 4,5 miliardi di dollari.

Un gadget grazie al quale Steve Jobs è riuscito a scoccare per la prima volta le due frecce preferite del suo arco (design e tecnologia) al servizio però, questa volta, delle masse. Partendo da una nicchia. Un progetto rimasto incompiuto con i vari Mac (rimasti un fenomeno sostanzialmente di nicchia).

E' questo il successo del fenomeno iPod che impazza ora anche in Italia (è tra gli oggetti del desiderio del Natale 2005). Un gingillo elettronico ormai iperclonato dalla concorrenza (vedere Creative e perfino Hp) ma che resiste agli attacchi (oltre il 70% della quota di mercato mondiale nel comparto lettori multimediali). E questa volta Microsoft non sembra in grado di rovinare la festa (il Windows Mobile Center è poca cosa in confronto).

Steve Jobs si sta muovendo bene. Nel 2005 ha investito 287 milioni di dollari in pubblicità, il 40% in più rispetto a un anno fa. Molto meno però di quanto spendono ogni anno colossi come General Motors e Ford (per citare qualche nome) i cui investimenti in pubblicità si aggirano nell'ordine di miliardi di dollari.

La verà forza di Apple è il passaparola. Dal Giappone agli Stati Uniti, dall'Australia al Vecchio Continente, Jobs trae vantaggio dalla gente, il più potente virus che il marketing abbia mai creato. E il più letale, per gli avversari.

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