Prima o poi tocca a tutti i primi della classe. Subire gli attacchi dei nemici, di chi è indietro. Invidiosi che puntano a intaccare la reputazione del sornione avversario. E' la parabola di Google, recentemente dipinta sempre più spesso sulla stampa come la nuova "cattiva" della new economy. L'aggressività con cui si muove la società di Mountain View con l'intento di colonizzare il mondo virtuale di Internet regge il vecchio paragone con i tempestosi anni dell'ascesa di Microsoft, la prima ad essersi guadagnata la reputazione di "cattiva".
Sotto accusa, secondo i maldicenti, sarebbe la voracità con cui gli studenti Larry Page e Sergei Brin si muovono nell'Eldorado del web. Un'onda durto devastante che lascia poco margine alla concorrenza e, anzi, ogni giorno entra in nuovi comparti cercando di traghettare la propria massima critica su altre sponde (l'ultima novità della serie è il Google Base per le aste online).
Ma in realtà, i nemici, gli invidiosi, come ogni buona critica che si rispetti, non fanno altro che ammettere la superiorità attuale del rivale che ha saputo muoversi con tempi di mercato perfetti e oggi, a detta degli esperti hi-tech, viaggia nel settore della ricerca con quasi un anno di vantaggio rispetto ai competitor.
I numeri li conosciamo già ma forse vale la pena di ricordarli. Lo scorso anno la società ha fatturato più di 3 miliardi di dollari. In Borsa ne vale più di 100 ed è in termine di capitalizzazione la 27esima società al mondo. Un dato entusiasmante se si considera che la quotazione al Nasdaq è arrivata appena 16 mesi fa. Titanica, la rotta di Google può però incontrare un grosso iceberg nel suo serico viaggio. Il 99% del giro d'affari della società deriva dagli introiti della pubblicità online, dal pay per click. Un business anelastico che contravviene a una delle più importanti, e più semplici, leggi della finanza: la diversificazione delle attività e, di conseguenza, dei rischi. Un punto debole su cui, in quella fabbrica da dieci assunzioni al giorno, farebbero bene a interrogarsi.
lunedì, dicembre 05, 2005
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