Glabre, canute. Stanche. Gialli occhi che faticavano a seguire il secco percorso dei loro sali che, perle sulla fronte, si spegnevano dopo un metro, dabbasso, sull’asfalto rovente. Un bastone e una sedia, materiale stinto di inizio secolo, come le loro vite, sparse adesso in altri Paesi, mentre a loro, protagoniste in dissolvenza, restava la triste parata dell’hic et nunc.
Quella mattina, la radio di San Crispino dava le temperature: 45 gradi. Non aveva mai fatto così tanto caldo là, in quell’involucro tra le colline di Lanzarote e la pianura del Saliceto.
Donna Maria parlò, a voce bassa, le labbra digrignate dal tempo e i suoi 15 denti, compagni di banco di quell’ultima parata: “Marco e Priamo prego per voi”. Si rivolgeva, bizzosa, ai suoi due nipotini che da tempo non andavano più a farle visita e che quell’estate non avevano rinunciato a nemmeno una serata nelle discoteche del Pressano per fare un salto in quel paesaccio dove erano pasciuti, a carezzare le gote vizze della nonna.
Dirimpetto, con quattro occhietti vispi, echeggiava Renata, la battezzante di Priamo: “Fin qui su..fin qui là”. Una folata di afa trasportava quel suono fino a Donna Carla, smarrendolo. Questa, taciturna, non aveva l’aria di pensare ad alcunché, beava in una frottola che qualche figlio, anni fa, le aveva raccontato. Gli scienziati erano vicini all’elisir della vita, una pozione che rigenerasse i tessuti e mandasse in pensione comara Morte.
Nulla sembrava spaventare le astanti di via Guitti, in quel paesello di 500 anime, mentre il sindaco festeggiava ad Ibiza il nuovo mandato.
martedì, marzo 13, 2007
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