lunedì, agosto 08, 2005

Bonnie e Clyde

Un paio di scarpette. Il sole in trasferta. L’acqua blu. Pensavo che fosse la solita giornata di piena estate, col tempo a maniche rimboccate. Che i teppisti fossero a riposo quella domenica. Che le sagome della città di cemento non fossero riempite da alcun alveare. Aimé, buon profano, pensavo questo.
Dopo dieci minuti, già accovacciato sotto le nuvole, la cuffia a fianco, le immagini di Montreal fresche nella mia mente. Dopo venti minuti qualcuno a minacciar di morte la mia persona. Baldanzoso, con pensieri graffiati, si avvicina alla mia stuoia chiedondomi di restituirgli due orologi e un paio di occhiali. Io, per certo Clyde, avevo, di fatti, Bonnie al mio fianco. Ma entrambi, fuori dalla leggenda, eravamo a riposo, rei di un bel fico secco.
Non è servito a nulla sincerare il giovane asciutto e tatuato della nostra pigrizia, almeno per quel giorno, anche verso il saccheggio. Che il nostro unico scopo era quello di codificare i tenui messaggi del sole, oracolo tra le abbufacchiate nuvole.
Minacciato, son tornato il vecchio Clyde di sempre, pronto alla sfida, tutto pepe e parole contro il nerboruto con la spazzola in testa. Mentre Bonnie solleticava la mia calma impartendomi strategie di benevolenza. Il fato ha voluto che a salvarci dalla zuffa e dal baldacchino di un ricovero è stato un tizio che ha eretto Hulk Hogan a monumento. Mustacchi biondi a scendere per gli angoli della bocca e tricipiti da tempesta. Un pacere che, rabbonito da una buffa alchimia, non ha voluto nemmeno perquisire i nostri croccanti zainetti prima di allontanare l’osceno pazzo.
Ma il caso era ormai scoppiato. L’ovale pieno d’acqua discuteva di noi. Da sfacciati ladruncoli a eroi. Giornalisti in grado di suonarle sul serio con quella penna fumante nel taschino. La sensazione che molti, al di là della vasca, spronavano il nostro riscatto. E tanti son venuti a chiedere una testimonianza, a darci conforto, a prendersi quella fetta di vanagloria per il sol gusto di godere di quel trofeo che portavamo negli occhi. Innocenti aggrediti, gatti svegliati. Persino la spatola è tornata mano tesa a scusarsi, rammaricato della sua stizza ma orgoglioso di aver fatto servigio di personalità alla sua donna. Ingenuotti, io e Bonnie, siam tornati, felini, a scrutare il cielo, ad assorbire rampolli di luce qua e là.
E quando l’ombra ha mummificato la distesa, abbian deciso che l’era l’ora di alzare i tacchi. I soffici tacchettini di quelle scarpette che, vispe e graziose, hanno dato il là a questa semplice, quotidiana storia di nonsenso. Le stesse scarpette che hanno dato a Bonnie, Cenerentola per un giorno, il guizzo da maratoneta nell’ultima, non scortata, fuga dall’acqua.


Qui la versione di Bonnie

Nessun commento: