venerdì, aprile 14, 2006

Appello contro l'involuzione dei blog

Molti blog si stanno trasformando in portali tematici. Oppure, nella maggior parte dei casi, nuovi siti di informazione verticale e di nicchia utilizzano la parola blog nell'url ma hanno poco a che spartire con lo spirito originario dei diari elettronici. Raccogliamo le forze per fare in modo che non ci sia confusione in futuro e che la parola blog stia per "diario personale" e i vortal si chiamino, a proprio piacimento, in modi diversi evitando che si crei distorsione in un ambiente puro e selvaggio come quello dei diari degli internauti.
Il concetto è meglio spiegato in questo articolo che ho scritto su www.itnews.it


Li chiamano indifferentemente blog o diari elettronici. Ma si sbagliano. La spinta che ha portato qualche anno fa alla nascita delle pagine personali online è stata l'esigenza di dire la propria in un contensto, quello del web, dove la propria opinione può contare di più rispetto al resto del circuito mediatico.

In poco più di cinque anni i blog hanno fatto tanta strada. Dagli Stati Uniti al Vecchio Continente si sprecano le ricerche che danno numeri diversi sull'enorme diffusione del fenomeno. Ciò su cui convergono questi dati è però il roboante tasso di crescita. Basta infatti fare una capatina sul motore di ricerca pensato ad hoc per i web logs, Technorati, per avere un po' il polso della rivoluzione dal basso che sta avvenendo.

I blog sono nati con lo spirito puro, selvatico, spontaneo di qualche internettaro più smanettone di altri. E' possibile crearli utilizzando piattaforme semplici (come Blogger o Splinder) ma è anche possibile personalizzarli e aggiungere un tocco di professionalità al proprio diario online. E' sufficiente conoscere qualche tag html, un paio di concetti sulla programmazione e saper utilizzare programmi come ad esempio Typepad e Wordpress.

Le cose, però, rispetto a qualche anno fa, rispetto a quando i primi fiorellini hanno cominciato a spuntare nella primavera del web, sono decisamente cambiate. Abbiamo assistito ad un'evoluzione tecnologica da un lato (vedere la diffusione dei video blog grazie anche alla frizzante esplosione della mania del podcasting) e, dall'altro, ad un'evoluzione economica.

C'è chi in sostanza ha pensato di montare su una tavola da surf e cavalcare l'onda d'urto dei blog per monetizzare la propria attività. Sono nate syndacation di blog tematici, strutturati in chiave professionale che però dello spirito iniziale di un blog conservano ben poco. Probabilmente solo la parola "blog" nell'url. Questi siti infatti, al di là dell'aspetto grafico e della possibilità di inserire commenti sulle news, si presentano più come portali tematici, verticali, dei "vortal". Si tratta in molti casi di vere e proprie redazioni giornalistiche che hanno deciso di impiantare un nuovo sito costruendolo sulla falsariga di un blog. Un'abile scelta commerciale e non certo discutibile dal punto di vista etico. Perché in molti casi i siti suddetti fanno davvero un bel lavoro, offrono un'informazione di qualità. Lo dimostra il fatto - storico - che questa settimana negli Stati Uniti la Pluck Corporation ha presentato BlogBurst, una syndication che raccoglie 600 blog e che fornirà contenuti ad alcuni tra i maggiori quotidiani americani, tra cui il Washington Post e il San Francisco Chronicle.

Solo un'obiezione: i blog che sono appena nati o nasceranno nei prossimi mesi per fornire informazioni settoriali al pubblico (compresi giornalisti e organi di informazione) non sono in realtà dei diari elettronici. Nè possiamo credere che siano tedofori che portano a spasso il messaggio del popolo di Internet. I primi e veri blog - i diari online per intenderci - incarnano il concetto che dopo i primi anni di transizione e di adattamento al nuovo medium, il popolo dei webnauti ha preso realmente coscienza del mezzo e cerca di riscriverlo, dal basso. I blog della nuova era - i vortal per essere più precisi - sono invece giornali come altri che stringono accordi con altri giornali, una sorta di simulacro cybernetico delle vecchie agenzie di stampa. Nascono per far informare e per far soldi, e portano un vestito che non è il loro, e che gli sta sicuramente largo.

1 commento:

Colombina ha detto...

D'accordo con te, solo che a noi in uni hanno fattp aprire un blog per farci conoscere come giornalisti.
Non è più una cosa troppo personale o un diario.
Ma uno strumento di valutazione...